Al volo, un paio di ricordi

Sembra che abbia nuovamente abbandonato il blog. In parte è vero, non del tutto. La scorsa settimana, passando davanti alla chiesa che qui è dedicata a Sant’Antonio, ho rivisto la statua posta al lato del sagrato. Una statua dalla base imponente su cui è posata una statua del Santo, un metro e mezzo circa, nell’atto di carezzare la testa a un fanciullo. Ai loro piedi un agnellino. La visione mi ha fatto tornare subito in mente un avvenimento lontano, dei tempi delle medie. Un compagno con cui avevo minimi rapporti in classe e zero fuori, mi aveva invitato a vederci davanti alla chiesa, per giocare nel campetto lì vicino. Non mi pareva vero. Finalmente mi aveva notato. Ricordo che ero molto felice quel giorno. Uscivo dalla mia zona d’ombra e sembrava che avessi un nuovo amico, almeno potenziale. L’ora precisa non la ricordo, saranno state le 17 o poco oltre e lui era veramente lì ad aspettarmi, davanti alla statua del Santo. Il tempo di arrivare, di un rapido saluto, ed ecco uscire da dietro la statua altri tre nostri compagni, ( ai tempi, per il mio carattere buono, a scuola ero leggermente bullizzato), che iniziano a picchiarmi. Schiaffi, pugni, calci. Le merde non mi menavano mai uno contro uno. Era accaduto e la madre del poco sveglio aveva chiamato a casa furente perchè, tornato a casa piangente, il pargolo si era subito diretto in bagno ed era tutto rosso sul ventre; merito di un calcio medio, ( allora non sapevo mica si chiamasse così), che lo aveva centrato mentre lui provava a tirarmi un secondo schiaffo. Col primo, avendomi colto di sorpresa, mi aveva preso. Il secondo era rimasto a mezz’aria. Ero stato più veloce della sua sbracciata. Così mi avevano aspettato, celati dalla statua, per darmi una lezione, in gruppo. E come menavano, le merde. Per fortuna, ( o forse l’invito, di cui avevo parlato, era parso un pochino strano), nel parcheggio si materializzò un’insegnante. Gli assalitori scapparono immediatamente. Io rimasi lì, con l’orgoglio ferito per l’ennesima volta, ma non volli essere riaccompagnato a casa. In seguito i soprusi continueranno fino a quando, una mattina, ho iniziato a menare uno di loro sin dall’esterno della scuola e ho concluso l’opera all’intervallo, nei bagni. Non avevo tecnica ma compensavo con la forza. Ne avevo già allora abbastanza da sollevare una persona, sbatterla per terra e ritirarla su, per rifarlo ancora e ancora e ancora. Poi ci ho messo pure la tecnica, col tempo. Si, ci misi pure qualche pugno. Un buono quando sbrocca diventa temibile. L’altro ricordo è legato a una esposizione di opere di studenti di elementari e media in onore del Santo. Sotto al porticato della chiesa erano appese decine di opere più o meno riuscite, tra cui la mia. Un signore, guardando il mio sforzo artistico e apprezzandolo, si domandava chi lo avesse fatto. Risposi che ero io l’autore. Lui non ci credeva. Ero troppo giovane e poco esperto per essere in grado di creare una roba del genere. Provavo, con furbizia, ad accaparrarmi dei meriti che non erano miei. E no, che cazzo. Va bene che firmavo dietro, quindi ad una prima occhiata non era attribuibile, ma il lavoro era mio. Inizia un leggero scazzo, cui si aggiungono mia madre, che mi sostiene, e un altro paio di persone, indecise. Si chiami il responsabile, ‘chè dire curatore della mostra mi par troppo. Arriva. Le ragioni degli uni e degli altri sono spiegate. L’unica è tirare giù il disegno e girarlo. Ed ecco apparire, non per magia, il mio nome e cognome, scritti in bella calligrafia nell’angolo. Il tizio si allontanò deluso. La merda. Potessi tornare indietro, gli darei uno schiaffone, per aver cercato di umiliare un ragazzino. Ho “dipinto”/disegnato per un altro paio di anni, poi mi sono concentrato su altro. Cantavo, disegnavo, cantavo, scrivevo, leggevo e facevo pure sport, oltre che andare a scuola. Penso che sia normale che alcune di queste attività mi siano venute a noi. Ero bravino in tutto, senza eccellere in nulla. Fine dei ricordi, per oggi.

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