Riflessioni su White Noise , Rumore Bianco, Don DeLillo + Fiorello

Un libro sulla morte, sulla vita, sul consumismo e sul valore che esso ha assunto come nuova religione per colmare un vuoto e non pensare alla fine. Ho finito di leggere White Noise da un paio di giorni e ho lasciato decantare le idee, per provare a proporre visioni un poco distaccate, nei limiti dell’entusiasmo che il libro mi ha lasciato. Le prime decine di pagine sono notevoli, tutte. Si parte subito alla grande, con una lista che trasmette il godimento di DeLillo per la scrittura e le parole.  Un divertimento che ho riscontrato anche in altri autori. Scrivere è certamente faticoso ma può essere al contempo divertente. Oggi, forse, DeLillo dovrebbe leggermente mutare il testo, considerando quanto la morte sia continuamente inseguita, sezionata e offerta nei programmi televisivi, da mattina a sera. Forse però non dovrebbe cambiare nulla, ricordando come un protagonista, riferendosi all’amico e collega malato e a rischio della vita, se ne esca con “ meglio te che me”.  Non va neppure dimenticato il giornalista che, in diretta, spera che le pale meccaniche  della polizia abbiano rinvenuto il cimitero di un serial killer  e la tristezza che traspare dalla sua persona per il ritrovamento di soli due corpi. Ma ci torneremo perché , in seguito, vorrei spendere due parole sulla richiesta di Fiorello, meno morte in tv.  Nel libro di DeLillo la tv non ha un ruolo centrale, serve da sottofondo sonoro e, raramente, come mezzo per far entrare l’altrui dolore in casa. Importante che la sofferenza sia di altri, meno istruiti, meno riusciti nella vita, per farci sentire migliori, quasi intoccabili. Ovviamente la morte e la malattia arrivano comunque, in forme inaspettate. Non riesco ad essere distaccato. Lo ammetto. L’ho trovato, questo libro, veramente un buona opera. Già dalle liste, da quelle concatenazioni di parole, dalla loro musicalità, ho creduto di trovarmi al cospetto di qualcosa di non usuale. Curioso, sono andato in cerca di recensioni on line di altri lettori. All’estero il libro è ben recensito. In America la maggior parte dei voti, da 1 stella a 5, si dividono tra 4 e 5 stelle.  In Italia mi sono imbattuto in uno di quei siti di presunti esperti letterari e uno dei top commentatori, almeno così è segnalato, l’ha criticato aspramente. E’ arrivato coso, è arrivato. Scusatemi ma , dinanzi ad un’opera d’arte, non è detto che noi si sia sempre in grado di capirla, afferrandone ogni significato. Magari, sono generoso, non si è in un periodo adatto per leggerla. Attaccare a testa bassa non sempre è sinonimo di intelligenza. Ah, io sono intelligentissimo. Ma basta parlare di coso e torniamo a Rumore Bianco. Sebbene sia diviso in tre parti alcuni dividono il libro in due blocchi, uno divertente e scorrevole, l’altro meno. Vero che Onde e Radiazioni, titolo della prima parte, appare più leggero ma , se ci si sofferma, non lo è molto. Ci sono morte, dolore, sfrenato consumismo come dimostrazione di potere, tempo calcolato sulla morte dei personaggi famosi, qualità della vita legata al denaro posseduto . Inoltre c’è la presentazione della nuova trinità: MasterCard, Visa, American Express. La morte è centrale, in questo libro. Solo i bambini sono liberi, perché non sanno che devono morire. Gli altri possono essere solo assassini o vittime. Pur vero che poi ci viene presentata una terza via, quella del protagonista che prova tutto e annulla ogni scelta subito dopo averla fatta. Anche il grande quesito di cosa ci sia dopo la morte viene affrontato.  Notevole l’incontro scontro con le suore, poco prima della conclusione. La certezza, la pietra su cui tutto si fonda è il supermarket. Per me un grande libro. Non sarà un capolavoro ma ci fermiamo giusto un gradino sotto e non all’inizio della scala. Lo avvicinerei a Cecità di Saramago, come livello. Come tematiche, per certi aspetti è il suo contrario. Si, qui la punteggiatura è presente. Fiorello, eccoci a noi. Sono felice che una persona dello spettacolo, con grande seguito, si sia apertamente schierata contro la tendenza della tv a parlare solo di morte, cronaca nera da mattina a sera. Vero che i programmi, così facendo, fanno ascolti ma sarebbe bello tornare ad una tv di qualità. Ad una tv come mezzo per elevarsi e non abbassarsi ulteriormente. Ho sorriso a denti stretti, lo ammetto, dell’ospitata della ragazza siciliana, arsa dal fidanzato, al programma di Babbara, Barabba, D’Urso. Ho sorriso della sua ignoranza, del suo italiano approssimativo, del suo non sapere,( che non sono colpe). Ho però deriso la sua scala di valori. Non mi vergogno a scriverlo. Ha tempo per vedere Barbara, d’urso, tutti i giorni ma non per elevarsi un pochino. E’ stato lo squarcio più triste, perché ha dato un volto e una voce a chi si abbevera di certe trasmissioni, a chi crede che successo significhi apparire ad ogni costo. Ho intervistato tutti e non intervisto a Barbara, (?) , una donna con le palle. Bel mito… Cmq, se dovessero premiare chi brucia per un motivo valido, parlo per assurdo, dovrebbero parlare, e non lo fanno, di quei poveretti che si sono immolati e si immolano, in gran numero, per la libertà del Tibet, e non di una disgraziata, perchè quello è, e del suo aguzzino. Facciamo che questo fuoco sia servito per illuminare il buio in cui viveva quella ragazza e per aiutarla a uscirne. Almeno a farle capire che occorre allontanare chi non ci rispetta e ama, e che la violenza non è mai giustificata. Si, sono un po’ avvelenato con un certo modo di fare televisione. Lo sono da anni. Non credo che per fare ascolti sia accettabile scendere fino alle fogne e scavare ancora. Non è giusto e non ci si può nascondere dietro gli ascolti. Elevare le persone, aiutarle a crescere, mostrare loro un altro modo di apparire, senza scorciatoie o che almeno non siano dovute alla cronaca nera. La vittima è sempre tale e andrebbe in ogni caso sostenuta, questo è chiaro. La Babbara D’Urso doveva preservarla, aiutarla, sostenerla e non renderla una barzelletta. Quella poveretta, mi riferisco alla vittima, non ha contezza di come sia stata usata. In futuro , già c’è l’accordo, ci sarà un’ospitata in studio, per sfruttarla meglio. Poi sarà gettata via, passata come tutti i giorni passati ; ci saranno nuovi morti, nuovi assassini e nuove disgrazie di cui parlare. Una persona normale da una simile notorietà neppure vorrebbe essere sfiorato. Ecco, qui sono con Fiorello, basta programmi incentrati sulla morte. Basta. In chiusura, un piccolo momento di leggerezza, per sdrammatizzare. Giorgio Gaber al Festival di Sanremo 1961 cantò Benzina e cerini.

 

Il mio destino / è di morire bruciato. / La mia ragazza / deve proprio averlo giurato. / Ha inventato un nuovo gioco / mi cosparge di benzina e mi dà fuoco / e io brucio, brucio d’amor.

Ma piantala coi cerini / Col fuoco non si scherza / Ma lei  non mi sta a sentire /Non vuole capire il mio amore.

E’ il mio tormento, / forse le piaccio bruciato / Certo è un po’ pazza / ma io me ne sono innamorato. / Con quel maledetto gioco / Si diverte coi cerini a darmi fuoco / e io brucio, brucio d’amor.

Ma piantala coi cerini / è un gioco un poco ardito, / non voglio finire arrostito / perché il fuoco l’ho già qui nel cuor

E mi tormenta, / forse le piaccio bruciato / Certo è un po’ pazza / Ma io me ne sono innamorato. / Con quel maledetto gioco / Si diverte coi cerini a darmi fuoco / E io brucio, brucio d’amor. / E io brucio, brucio d’amor.

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