Di tutte le ricchezze, Stefano Benni

I lettori sono sempre stati una minoranza , nei secoli dei secoli – sentenzio. – Ma una minoranza fertile, che sa contagiare e creare cultura. I suoi libri non andranno persi se sono belli, qualcuno li sta leggendo anche adesso.

 

Le persone che amano e frequentano davvero l’arte sono sempre state e saranno una minoranza, non bisogna deprimersi,  ma lavorare con tenacia.

 

Il bambino non sceglie la bellezza, per lui tutto è rivelazione, bellezza continua e indistinta.

 

– Non possiamo sempre aspettare con pazienza. E’ come in amore. Ci innamoriamo di una persona e subito il nostro tempo accelera, l’abbiamo lasciata  un momento fa e subito vorremmo rivederla, le ore lontano da lei sembrano lunghissime. Allora corriamo, scavalchiamo ostacoli e barriere, solo per raggiungerla un minuto prima. Michelle, lei ha fretta perché è innamorata del suo futuro, del suo mestiere, del desiderio di tornare alle luci del teatro, vicino al suo Tamino, o al suo Amleto.

 

Scriva, riscriva, chi le ha detto che è facile scrivere? Ci metta tutta se stessa e vedrà che qualcosa di buono verrà fuori.

 

Di Rimbaud o di Thelonius Monk ne nasce uno al secolo, la giovinezza non vuol dire necessariamente genialità, il talento va coltivato, è un artigianato. Alla sua età io lavoravo molto, trascuravo la mia vita privata e il divertimento ( seconda bugia). Ma poi ho imparato, anche dai miei allievi ( e allieve no, professore?) , a avere della scrittura una visione diversa. Non solo il lampo dell’ispirazione, l’angelo dei quadri dell’Annunciazione che annuncia il capolavoro, ma il duro lavoro, la ricerca continua del meglio, tagliare, ricucire, ripartire. La falegnameria dell’intellettuale. Come san Giuseppe.

 

Certo, è la festa del cavalier Incerto, ambosesso – rise Martin.

 

Altra interruzione. Il parroco udì, passò dalla porchetta al messale e si mise in piedi davanti a loro, predicando a voce alta.

– Mi meraviglio di lei, professore. Quella voce sul cavalier Incerto è una leggenda falsa e sconcia. Incerto dal latino incertus, dubbioso, è un soprannome che gli fu attribuito perché era cauto, prima di ogni decisione ci pensava su.

– Veramente i libri di storia dicono … – lo interruppe il professore.

– C’è un solo libro ed è quello della tradizione delle persone perbene, – disse il parroco – e i miei parrocchiani sono perbene e non vanno contro natura, né mai lo fecero. Quando la campana della verità risuona …

Una sonora pernacchia, che sovrastò persino la voce di Katia, lo zittì. Il parroco se ne andò borbottando anatemi, col mezzo panino in mano.

 

Tu sai bene, amica mia, come l’amore più forte ha sempre punti deboli, spiragli per l’indifferenza, vuoti che riempiamo con ciò che per un attimo riteniamo migliore.

 

Anche io sono morto in quel mattino d’inverno. Sono stato capace di questo, e non mi perdono. So che oggi non sono lo stesso uomo, ma contengo quell’uomo di allora, e non si guarisce dalla propria ombra, le si affiancano soltanto nuove luci. Ma la mia ombra ogni tanto ritorna spaventosa, e la solitudine mi pare inevitabile, e giusta.

 

Pensò: ora vado a salutarla di nuovo. Poi subito si corresse: no, gli addii non si ripetono, la prima volta sono romantici, la seconda noiosi, la terza ridicoli o tragici. Non siamo sul set di un film, abbiamo già girato la scena giusta. Fermiamoci qui.

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