Banana Yoshimoto – Moshi moshi

Partiamo sempre dal torbido, quando cominciamo qualcosa di nuovo. Poi però arriva il momento in cui tutto inizia a scorrere limpido, e in tranquillità prende a seguire il suo corso naturale.

 

Quando non era in tournée, era lui a scegliere se rientrare all’alba, e se aveva fatto una promessa a mia madre o a me, per piccola che fosse, l’annotava sull’agenda o sul dorso della mano e la manteneva sempre. Anche oggi, se ripenso alle mani di mio padre, rivedo quegli appunti scritti a penna.

 

La vita di ogni giorno deve andare avanti anche in momenti come quello, e così è. Se si trattava semplicemente di camminare per strada, tra me e gli altri non c’era differenza, ero del tutto normale, e la cosa mi meravigliava. Dentro di me ero a pezzi, eppure quella che si rifletteva sulle vetrine era la mia immagine di sempre.

 

A me, che ormai non ero tanto spesso a casa, e a mia madre, che non amava più mio padre come prima, mancava la capacità di riportarlo da noi. I bambini piccoli riescono a tenere insieme le famiglie come se fossero colla. Ma io ormai ero grande. Non possedevo la forza necessaria a contrastare l’attrazione per una donna appassionata e sensuale.

 

Non ci crederai, ma al mondo non sono poi molte le persone con cui si può parlare di sciocchezze, mi diceva.

 

E’ incredibile, sento che è buono. Per la prima volta dopo tanto tempo gusto i sapori. Il corpo continua a vivere anche se l’anima è morta.

 

Avevo cominciato a capire che se non poniamo rimedio ai nostri piccoli errori, presto questi si ritorcono contro di noi. Il cibo è legato alla sfera degli istinti umani, e per questo tutto viene fuori in modo molto più immediato. Anche se all’inizio ci si tiene qualcosa dentro, a un certo punto affiorerà in superficie in una forma diversa. La sola cosa che si possa fare è agire con cura, seriamente e con discrezione, lasciando perdere l’individualità e i pensieri troppo complicati.

 

E’ come se stessi viaggiando, facendo queste cose mi sento di portare a termine un compito.  In ogni caso, sto sempre attenta a camminare molto lentamente. Piano, come quando ero studentessa. In fondo ormai il tempo è la sola cosa che possiedo.

 

Per conoscersi ci vuole tempo, per capire se una persona ci piace o no ce ne vuole ancora di più, e se le sostituzioni diventano così rapide, e non si sa nemmeno da dove venga la persona che abbiamo di fronte, come ci si deve comportare?

 

Ormai l’aria si era fatta fredda, era un giorno d’autunno. Sfiorai il tronco del ciliegio accanto al ristorante ed entrai nella stradina con i negozi. Mi venne in mente che in primavera, quando quel ciliegio era in piena fioritura, sulle pareti verdi del ristorante si rifletteva un colore rosa intenso e un’atmosfera dolce, diversa dal solito, avvolgeva in un abbraccio tutto ciò che c’era attorno. I passanti alzavano gli occhi verso il ciliegio e sorridevano, come spettatori felici davanti allo schermo su cui si proietta un film. Spazzare via i petali era un lavoraccio, ma era così bello che non sentivamo la fatica. Dopo aver provato l’emozione di vederlo in piena fioritura, ogni volta che ci passavo davanti, sia quando cadevano le corolle che in pieno inverno, lo sfioravo con la mano. Era diventata ormai un’abitudine consolidata, uno degli istanti in cui sentivo chiaramente di vivere in quel quartiere.

 

Nella vecchia casa la mia stanza era accanto alla cucina, e da lì riuscivo a scorgere mia madre di spalle mentre preparava la colazione con la porta leggermente aperta, lasciata così apposta perché, al risveglio, non mi sentissi sola. La sensazione che provavo non era né di dolcezza né di tepore. Ma per qualche ragione mi bastava guardare mia madre fare quello che faceva tutti i giorni per sentirmi serena. Mi sembrava che nel mondo non ci fossero né guerre, né omicidi, né truffe, né rapine, né stupri. Era come se non potessero esserci che persone buone. Non che sino a oggi mi sia mai capitato di interagire con persone malvage. Ma so bene che nel mondo accadono cose davvero terribili.

 

Quel giorno c’era un gran da fare, ero in un bagno di sudore, e quando lo vidi, per un istante, mi vergognai di essere ridotta così male. Ma soprattutto provai una profonda tenerezza. Potrei definire soltanto “serenità” quella sensazione che proviamo quando qualcuno arriva così, in modo del tutto naturale; è una sensazione che si prova solo quando si è innamorati, quando si esclude che possa accadere qualcosa di brutto.

 

Mi faccio pena, pensai. Vivevo strisciando, non riuscivo proprio a rimettermi in piedi. Non passava la notte, i rimpianti restavano lì dov’erano, c’erano cose che avrei voluto dirgli e non lo avrei più potuto fare. Erano trascorsi due anni, ma non mi ero mossa di un passo, e forse non ci sarei mai riuscita. Ciononostante, la mattina successiva avrei impastato il pane, messo a bollire l’acqua, tagliato le verdure per l’insalata e fatto le pulizie. Il mio corpo si sarebbe mosso in maniera automatica, e con un sorriso avrei accolto i clienti. Solo questo mi riusciva.

 

La mia era la felicità misera di chi sente di non essere stato abbandonato, nonostante tutto. In quel momento, non riuscivo a pensare a niente di più rassicurante. Mi presentavo tutti i giorni al ristorante cercando di nascondere la confusione che mi portavo dentro, e veder arrivare Aratani mi procurava ogni volta una grande tranquillità. Era un po’ come quando si rientra in casa e si accarezza il proprio cane, o gatto ( mi sentivo un po’ in colpa per quest’associazione). Appena lo scorgevo, era come se gli occhi, le mani, tutto il mio corpo fosse tornato al passato, e mi sentivo serena, completamente a mio agio. Non ero né emozionata né nervosa, mi sentivo esattamente come quando ci si immerge nell’acqua alla temperatura perfetta. O quando ci si bagna in un mare tiepido, mentre si guarda il sole scendere lento all’orizzonte. Nell’acqua limpida del mare svanisce la stanchezza, le spalle si alleggeriscono, e si abbandona il corpo al ritmo delle onde, più rilassante di qualsiasi sorgente termale. In quel periodo sapevo soltanto di non volerlo perdere. Ma non perché provassi qualcosa per lui. Non volevo perderlo, soltanto questo. Se questo significasse esserne innamorata, io non lo sapevo.

 

Non sarebbe andata avanti all’infinito, le cose cambiano poco alla volta. Se mi fossi illusa del contrario avrei fatto una brutta fine, proprio come la mia famiglia. Eppure desideravo che quella felicità restasse per sempre al suo posto.

 

Mentre parlavamo mi ero resa conto che Aratani era una persona decisa, troppo pratica perché potessi riuscire a confidarmi con lui. Quando mi confrontavo con qualcuno che metteva al primo posto la soluzione ai problemi e che gestiva le situazioni in quattro e quattr’otto, mi sembrava che il discorso andasse avanti in modo automatico, non riuscivo a convincermi e, anzi, mi spaventavo.

 

Anche quando una conversazione è semplice, non è detto che sia soltanto uno scambio di parole.

 

Tutto passa, tutto cambia. Una delle cose di cui si perde la misura, vivendo in città, è la forza del singolo individuo. Mettiamo che in una grande libreria di un grande palazzo ci sia un commesso particolarmente bravo. Se a un certo punto lo spostassero in un’altra succursale, sicuramente sarebbero in molti a restarci male. Ma, come mi ha detto una volta mia madre, se un nuovo commesso si presenta col giusto tempismo, allora la libreria potrebbe continuare ad andare avanti anche senza che cambi nulla. Forse chi abita in città tende a dare per scontato proprio questo. Se pure io non dovessi esserci più, il mondo non cambierebbe, il mio ristorante non fallirebbe, il quartiere continuerebbe a vivere.

 

Ho veramente ancora tutto da imparare” dissi, ma mentre il viso accaldato si raffreddava sentivo crescere in me la speranza. Essere giovani voleva dire proprio quello. L’eccitazione di fare una dopo l’altra cose che non si erano mai fatte.

 

Il cielo era infinito, sembrava voler arrivare dappertutto, come i tentacoli di un polpo.

 

Io ho ancora mia madre, ma mi sento come se avessi perso tutto.”

“E’ perché pensi con le parole, Yocchan. Parecchie risposte non vengono mai fuori, nemmeno a furia di girarci intorno. Ma per te trascorrere il tempo così è normale, e non ti chiedi mai se sia infantile, o sbagliato. Eppure c’è un altro modo di trascorrere il tempo. Si può anche stare fermi a guardare nel vuoto, senza pensare a niente, in attesa che tutto passi. Forse tua madre ha scelto questa seconda strada.” Nella sua voce risuonava un’emozione sincera. Tacqui, perché aveva colto nel segno.

 

Adesso sapevo che, per quanto giovane, miserabile e insignificante potessi apparire, per quanto non potessi condividere ogni cosa con chiunque altro al mondo, la mia esperienza andava a completare tutte le altre, era quanto possedevo di più prezioso, e lo avevo capito sotto il cielo stellato di una notte gelida.

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