Trattare gli ultimi mesi di vita di Pasolini è arduo. Tanto si sa, tantissimo non si sa. Non si conoscono, soprattutto , le ultime ore di vita del Maestro. Pier Paolo Pasolini è stato uno dei più grandi intellettuali che l’Italia ha avuto nel secolo scorso. Ranieri, che lo interpreta, non aveva vita facile eppure, grazie alla sua bravura, è riuscito nell’impresa. Chi ha scritto che più il film procede più l’interpretazione migliora, ha ragione. Ranieri, in un’intervista alla fine delle riprese, ha ricordato che i primi giorni sono stati duri. Stava poco bene e aveva una febbre nervosa, tale era il compito che l’attendeva. Quella portata in scena è una delle varie teorie sulla fine. Un gruppo di ragazzi di vita decidono di rubare le pizze di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film del maestro, per chiedere un riscatto. Pasolini accetta di pagare, in due occasioni. La seconda è una trappola. I ragazzi vengono utilizzati dai grandi, delinquenti al servizio della politica, per portare allo scoperto Pasolini e farlo uccidere. Anche qui Pino Pelosi si accollerà, dietro violenze fisiche e verbali, tutta la colpa. Petrolio l’ho letto, come ho visto Salò. Pasolini era inviso a tanti, attaccava, indagava, cercava di portare luce sui vari misteri italiani di quegli anni. Aveva nemici, tanti e potenti. Era un precursore e , purtroppo, ( leggasi ad esempio la pagina sulla bomba in stazione in Petrolio), aveva intuito e in parte penetrato, probabilmente solo grazie all’intuito e alla ricerca, il periodo di violenza e stragi che stava insanguinando l’Italia. La somiglianza fisica tra Ranieri e Pasolini è notevole, ma si sapeva. Pochi anni fa sarebbe stato un sosia quasi perfetto. Il film mi è piaciuto, per quanto possa risultare piacere vedere portata sullo schermo la fine di un proprio eroe. Da vedere? Si. Una mezione anche per Libero De Rienzo , Matteo Taranto e Alessandro Sardelli. Regia di David Grieco che ha sceneggiato il suo libro, La Macchinazione ed. Rizzoli.