Mattatoio n.5 , Kurt Vonnegut

In tutti questi anni la gente che incontravo mi ha chiesto spesso a cosa stavo lavorando, e di solito io rispondevo che la cosa più importante era un libro su Dresda. Lo dissi, una volta, a Harrison Starr, il produttore cinematografico, e lui aggrottò le sopracciglia e mi chiese: “ E’ un libro contro la guerra?”. “Si,” dissi,”credo”. “Sa cosa rispondo quando uno mi dice che sta scrivendo un libro contro la guerra?” “No, cosa dice, Harrison Starr?” “Dico: perché non scrivere un libro contro i ghiacciai, allora?” Quello che voleva dire, naturalmente, era che ci saranno sempre le guerre, che impedire una guerra è facile come fermare un ghiacciaio. E lo credo anch’io. E poi, anche se le guerre non fossero come i ghiacciai, ci sarebbe sempre la morte, la morta pura e semplice.

 

Già allora io avrei dovuto essere impegnato a scrivere un libro su Dresda. A quell’epoca non era ancora diventato famoso, in America, quel bombardamento. Pochi americani sapevano che era stato peggio, per esempio, di Hiroshima. Non lo sapevo neanch’io. Non c’era stata molta pubblicità. Mi capitò, a un cocktail party, di parlare con un professore dell’università di Chicago di quel raid così come l’avevo visto io, e del libro che volevo scrivere. Era membro di una cosa che si chiamava Comitato per il pensiero sociale. E mi disse dei campi di concentramento, e di come i tedeschi avevano tirato fuori sapone e candele dal grasso dei cadaveri degli ebrei e così via. Non potei dire altro che questo: “ lo so, lo so. Lo so.”

 

Il mattino dopo io e le due ragazzine attraversammo il fiume Delaware nel punto in cui l’aveva attraversato George Washington. Andammo alla Fiera mondiale di New York e là vedemmo come era stato il passato secondo la Ford Motor Car Company e Walt Disney, e come sarebbe stato il futuro secondo la General Motors. E io m’interrogai sul presente: quanto fosse vasto, quanto fosse profondo, quanto fosse mio.

 

Billy non era cattolico, anche se era cresciuto con uno spaventoso crocifisso appeso al muro. Suo padre non aveva religione. Sua madre era organista supplente in varie chiese della città. Portava Billy con sé ogni volta che suonava, e gli aveva insegnato anche un po’ a suonare. Diceva che sarebbe entrata in una Chiesa appena avesse scoperto qual era quella giusta. Non l’aveva mai scoperto. Ma le venne una gran voglia di un crocifisso, e se ne comprò uno in un negozio di regali di Santa Fe durante un viaggio che la famigliola fece nel West al tempo della Grande Crisi. Come tanti altri americani, cercava di costruirsi una vita che avesse un senso con le cose che trovava nei negozi di regali.

 

Sulla parete del suo ufficio Billy aveva una preghiera incorniciata che esprimeva il suo modo di tirare avanti, anche se vivere non lo entusiasmava molto. Molti dei pazienti che vedevano la preghiera attaccata al muro gli dicevano che aiutava a tirare avanti anche loro. La preghiera diceva così:

DIO MI CONCEDA

LA SERENITà DI ACCETTARE

LE COSE CHE NON POSSO CAMBIARE,

IL CORAGGIO

DI CAMBIARE QUELLE CHE POSSO

E LA SAGGEZZA

DI COMPRENDERE SEMPRE

LA DIFFERENZA.

Tra le cose che Billy non poteva cambiare c’erano il passato, il presente e il futuro.

 

A ogni posto c’era un rasoio di sicurezza, una pezzuola per lavarsi, un pacchetto di lamette da barba, una stecca di cioccolata, due sigari, una saponetta, dieci sigarette, una scatola di fiammiferi, una matita e una candela. Solo le candele e il sapone erano di origine tedesca. Avevano tra loro una spettrale, opalescente similarità. Gli inglesi non potevano saperlo, ma le candele e il sapone erano fatti col grasso di ebrei, zingari, omosessuali, comunisti e altri nemici dello stato. Così va la vita.

 

Un giorno Rosewater disse a Billy una cosa interessante su un libro che non era di fantascienza. Disse che tutto che c’era da sapere sulla vita si poteva trovare nei Fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij. “Ma non basta più” disse Rosewater.

 

Rosewater era a letto con un libro, e Billy lo introdusse nella conversazione chiedendogli cosa stesse leggendo in quel momento.
Così Rosewater glielo disse. Era Il Vangelo dello spazio di Kilgore Trout. Parlava di una creatura venuta dallo spazio che somigliava molto a un tralfamadoriano, tra l’altro. La creatura venuta dallo spazio aveva studiato a fondo il cristianesimo per capire, se possibile, perché per i cristiani fosse tanto facile essere crudeli. Era arrivata alla conclusione che il guaio derivava almeno in parte dal modo trasandato in cui era scritto il Nuovo Testamento. Secondo lui, l’intento dei Vangeli era insegnare alla gente, fra le altre cose, a essere misericordiosi, anche verso i più umili.
Ma i Vangeli, in realtà, insegnavano questo:
Prima di uccidere qualcuno, accertatevi bene che non abbia relazioni importanti. Così va la vita.

La magagna nelle storie di Cristo, diceva la creatura venuta dallo spazio, era che Cristo, malgrado le apparenze, era il figlio dell’Essere Più Potente dell’Universo. I lettori lo capivano e così, quando arrivavano alla crocifissione, naturalmente pensavano (qui Rosewater rilesse ad alta voce):
Oh, accidenti… Hanno scelto proprio la persona sbagliata per il loro linciaggio, quella volta!
E questa idea aveva una sorella: “ Ci sono delle persone giuste da linciare”. Chi? Quelle che non hanno relazioni importanti. Così va la vita.

La creatura venuta dallo spazio donò alla Terra un nuovo Vangelo. In esso Gesù era veramente un uomo qualunque, e una seccatura per un sacco di gente che aveva relazioni più importanti delle sue. E diceva anche lì tutte le cose belle e imbarazzanti che diceva negli altri Vangeli.
Così un giorno la gente su divertì a inchiodarlo a una croce e a piantare la croce nel terreno. Non ci sarebbero state ripercussioni, pensavano quelli che l’avevano linciato. Anche il lettore era indotto a pensarlo, poiché il nuovo Vangelo seguitava a ripetere che Gesù era proprio un nessuno.
E poi, un momento prima che questo “nessuno” morisse, i cieli si aprirono, e mandarono tuoni e lampi. Dall’alto scese stentorea la voce di Dio. Dio disse alla gente che adottava quel barbone, dandogli i pieni poteri e i privilegi di Figlio del Creatore dell’Universo per tutta l’eternità. Ecco quello che disse: D’ora in poi Egli punirà orribilmente chiunque tormenterà un barbone senza relazioni importanti!

La fidanzata di Billy aveva finito il suo sigaro di zucchero tre Moschettieri. Ora stava sgranocchiando una Via Lattea.
“Lasciate perdere i libri” disse Rosewater, gettando sotto il letto quello che teneva in mano. “Vadano al diavolo.”
“Questo, però, sembrava interessante” disse Valencia.
“Cristo… Se solo Kilgore Trout sapesse scrivere!” esclamò Rosewater. Aveva ragione: l’impopolarità di Kilgore Trout era meritata. La sua prosa era tremenda. Soltanto le idee erano buone.

 

Billy si aspettava che i tralfamadoriani fossero confusi e allarmati da tutte le guerre e da tutti gli assassinii che c’erano sulla Terra. Pensava che avessero paura che la ferocia dei terrestri, unita alle loro armi potentissime, potesse finire per distruggere, in parte o anche totalmente, l’innocente universo. Era la fantascienza che gli aveva fatto venire questa idea. Invece, l’argomento della guerra non fu mai sollevato da nessuno finché a tirarlo fuori non fu lo stesso Billy. Qualcuno tra la folla dello zoo gli domandò attraverso la guida quale fosse la cosa più importante che aveva imparato su Tralfamadore fino a quel momento, e Billy rispose:
“Ho imparato come gli abitanti di un intero pianeta possano vivere in pace! Come sapete, io vengo da un pianeta che da tempo immemorabile non fa che compiere massacri insensati. Io stesso ho visto i corpi di ragazzine bollite vive dentro un serbatoio dai miei compatrioti, tutti fieri di battersi in quel modo contro il male”. Questo era vero. A Dresda Billy aveva visto dei corpi bruciati. “E di notte, in prigione, mi sono fatto luce con candele fabbricate col grasso di esseri umani uccisi dai fratelli e dai padri di quelle ragazzine. I terrestri devono essere il terrore dell’universo! Se per ora altri pianeti non sono minacciati dalla Terra, presto lo saranno. Ditemi dunque il segreto, così lo porterò sulla Terra e saremo tutti salvi: come può un pianeta vivere in pace?”.
Billy credeva di avere fatto un discorso molto nobile. E rimase sconcertato quando vide che i tralfamadoriani si chiudevano le manine sugli occhi. Sapeva per esperienza che cosa significava: aveva detto una stupidaggine.

 

L’inglese che teneva Lazzaro per i piedi era il colonnello che aveva fatto a Billy l’iniezione del knock-out. La fata azzurra era imbarazzata e furente.  “Se avessi saputo che mi trovavo davanti a un pollo,” disse, “non ci avrei messo tanta forza. ” “Uhm.” La fata azzurra parlò con franchezza di come erano disgustosi tutti gli  americani. “ Fiacchi, puzzolenti, sempre pronti a piangersi addosso: una massa di bastardi piagnucolosi, sporchi e ladri” disse. “Sono peggio dei russi, maledizione.”  “Sono proprio uno schifo” assentì il colonnello.

 

Campbell descriveva l’esperienza tedesca con i soldati americani prigionieri, che dappertutto si erano fatti la fama di essere, come scriveva lui, i più frignoni, i meno fraterni e i più sporchi di tutti i prigionieri di guerra. Erano incapaci di compiere un’azione concertata nel proprio interesse. Disprezzavano i capi, si rifiutavano d seguirli e persino di ascoltarli, non considerandoli migliori di loro e pensando che dovevano smetterla di darsi delle arie.

 

Quando i tre buffoni trovarono la cucina, la cui funzione principale era preparare da mangiare per i lavoratori del mattatoio, tutti erano andati a casa tranne la donna che era rimasta ad aspettarli, impaziente. Era una vedova di guerra. Così va la vita. Si era già messa cappello e cappotto. Voleva andarsene a casa pure lei, anche se non c’era più nessuno. I suoi guanti bianchi erano posati uno accanto all’altro sul banco di zinco. Aveva due pentoloni pieni di minestra per gli americani. La minestra bolliva sul gas, tenuto basso. Aveva pronte anche parecchie forme di pane nero.  Domandò a Gluck se non era troppo giovane per essere sotto le armi. Lui disse si. Domandò a Edgar Derby se non era troppo vecchio per essere sotto le armi. Lui disse di sì. Domandò a Billy Pilgrim cosa diavolo era, Billy disse che non lo sapeva. Stava solo cercando di tenersi caldo. “Tutti i veri soldati sono morti” disse la donna. Ed era vero. Così va la vita.

 

E poi saltò fuori che qualcuno, alla fin fine, una risposta a Campbell, gliela diede. Il povero vecchio Derby, lo sfortunato professore di liceo, si alzò in piedi faticosamente per quello che forse fu il più bel momento della sua vita. Quasi non ci sono personaggi, in questa storia, e quasi non ci sono confronti drammatici, perché la maggior parte degli individui che vi figurano sono malridotti, sono solo trastulli indifferenti in mano a forze immense. Uno dei principali effetti della guerra è, in fondo, che la gente è scoreggiata dal farsi personaggio.

 

in quell’ospedale Billy stava vivendo un’avventura che capita spesso agli inermi in tempo di guerra. Stava cercando di dimostrare a un nemico ostinatamente sordo e cieco che lui e le cose che diceva potevano essere interessanti.

 

Era tipico della fine della guerra: chiunque volesse un’arma riusciva a procurarsene una. Erano sparse dappertutto.

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