Sono rari i film horror che mi fanno commuovere fino alle lacrime. Con altri generi, sarà pure che sono entrato negli anta, capita più spesso. Vabbè, il record ad oggi imbattuto lo detiene Marcellino pane e vino. Davanti agli scambi verbali del ragazzino con la statua, piango come non ci fosse un domani. Tornando in tema, è rarissimo che io pianga per un horror. Chiariamoci subito, non sono lacrime di paura ma di partecipazione emotiva. Se la memoria non mi inganna mi era accaduto con The Orphanage. Il finale mi aveva cotto a puntino. E’ capitata la stessa cosa con The Haunted Apertments. Film horror , 2005, del regista giapponese Akyo Yoshida. I punti di contatto con l’ultimo film di cui avevo parlato qui, Phone, sono diversi. Questa pellicola però, rispetto alla coreana del 2002 , ha una marcia in più. La storia è intuibile dal titolo. Un palazzo è totalmente infestato da fantasmi. Gli abitanti sono prigionieri di una maledizione. Per andarsene senza rischiare la vita devono essere rimpiazzati da un altro nucleo familiare. Per questo nessuno degli ospiti fa cenno del maleficio quando vengono in visita un padre e una figlia. Se loro entreranno nello stabile un’altra famiglia potrà andarsene. Chiaramente ciò avviene. La scoperta della maledizione e l’incontro col fantasma principale, avvengono per gradi. Pian pianino la sceneggiatura fa salire la tensione. Lentamente ma con costanza. Tutta la parte finale è di livello. La chiusura poi l’ho trovata notevole, soprattutto perchè inaspettata. Arriva come uno schiaffo. Le due protagoniste, la giovane studentessa e il fantasma, hanno fin troppo in comune. Come detto, mi ha commosso. Da vedere? Si.
P.s. Per essere un capolavoro, ci sarebbero voluti dei tagli , ( scena coi soldati inutile ), e dei cambiamenti, ( questo non posso scriverlo per non spoilerare, essendo una scena fondamentale). Il fantasma, potentissimo, pare avere un po’ troppe regole, soprattutto quando si scopre la verità, che segue anche quando non dovrebbe. Il problema è che il film sarebbe finito dopo la prima notte, al massimo la seconda.
