David Grossman – Applausi a scena vuota

Sulla pagina che Feltrinelli dedica al libro, ho scritto:

Non il solito Grossman. Cambia tutto, eppure è sempre lui. Uno dei più grandi scrittori della nostra epoca. Geniale, divertente, forte, corrosivo, intimo. Il libro è questo e molto di più. Forse una lettura non adatta a tutti, per via dell’età, ma arriverà per tutti il momento per leggerlo. Dopo il ricordo del figlio, stavolta ad essere ricordati sono i genitori. Si ride e si piange. Riuscirci in meno di 200 pagine è da Grande Scrittore, qual è Grossman.

Aggiungo ancora qualcosa. Questo libro, delicato e forte al tempo stesso, è veramente bello. La presenza continua della morte, dei ricordi, di un passato faticoso eppure degno di essere vissuto grazie a familiari e amori, è toccante. Le battute sono non solo utili ma necessarie. Si, Grossman è un grandissimo scrittore e , se mi è consentito, pure un grande uomo. Ed ora, a noi.

Lo stato deve far pagare le tasse solo a chi desta ragionevole sospetto di stare bene e di spassarsela in base ai seguenti criteri : a chi sorride fra sé e sé, è cicciottello, sano, ottimista, scopa di notte e fischietta di giorno. Ecco, bisogna far pagare le tasse solo a questi cazzoni. Spellarli vivi e senza pietà!

L’angelo della morte, riprende Dova’le ridendo senza fiato, va da un avvocato e gli dice di essere venuto per portarlo via. L’avvocato piange, strepita : Ho solo quarant’anni ! Non a giudicare dalle ore che addebiti ai tuoi clienti, risponde l’angelo.

A volte penso che se qualche scienziato israeliano , tanto per fare un esempio, dovesse trovare un farmaco per la cura dei tumori, okay? Un farmaco che debelli il cancro una volta per tutte! Vi garantisco al mille per cento che nel mondo intero comincerebbero proteste, lamentele, manifestazioni. Si terrebbero sedute all’ONU e ci sarebbero articoli sui giornali di tutta Europa: perché prendersela tanto con il cancro? E passi per prendersela … ma perché debellarlo? Perché non tentare di arrivare a un compromesso? Perché puntare subito sull’uso della forza e non provare prima a metterci noi nei panni del cancro per vedere come vive lui la malattia? E non dimentichiamoci che il cancro ha i suoi lati positivi ! Tanta gente, infatti, vi dirà che l’avere affrontato una malattia del genere l’ha resa migliore ! E non bisogna dimenticare che la ricerca ha portato allo sviluppo di farmaci utili per altre malattie, e adesso tutto si bloccherà ! Non abbiamo imparato niente dal passato? E cosa c’è poi nell’uomo, prosegue Dova’le con aria pensierosa, che lo rende tanto superiore al cancro da dargli il diritto di debellarlo?

Il miglior modo per farsi apprezzare è sparire, non è così? Non era forse questa l’idea dietro la campagna pubblicitaria di Dio durante la Shoah? Non è su questo principio che si basa l’idea della morte?

Mi sono limitato ad un impercettibile movimento della testa, accompagnato da una strizzatina d’occhio: quella che io e Tamara ci scambiavamo sempre, anche nel mezzo di un litigio. Due scintille che guizzavano da un occhio all’altro. la mia – io dentro di lei. La sua – lei dentro di me.

Sono passati tanti anni. Io non sono più io e tu non sei più tu.

La morte che è riuscita a portarmi via, in sei settimane, dannazione, l’unica persona che ho mai amato con tutto il cuore, con fame e gioia di vivere. Che ho amato fin dal primo momento in cui ne ho visto il viso. Il tuo viso, tondo e luminoso, con la fronte bella, intelligente, pura, e le radici dei capelli forti e folti che io, stupidamente, credevo fossero un segno di attaccamento alla vita. E il tuo corpo grande, generoso, morbido … Non ti azzardare a cancellare nemmeno uno di questi aggettivi. Eri una medicina per me. Un balsamo all’arido celibato in cui mi ero rinchiuso. A quel “temperamento da giudice” che mi aveva quasi cambiato il carattere. A tutti gli anticorpi alla vita che avevo accumulato nel sangue durante gli anni in cui non c’eri stata. Finché sei arrivata, con tutta te stessa …

E mio padre si è arrabbiato perché gli facevamo fare una brutta figura. Mia madre, infatti, appena mi ha visto piangere si è messa a frignare pure lei. E’ sempre stato così. Si univa volentieri ai pianti degli altri. E mio padre non poteva vederla piangere, gli venivano subito i lucciconi. Era un sentimentale, soprattutto nei confronti di mia madre. Non c’è che dire, l’amava davvero. A suo modo, ma l’amava. Forse come uno scoiattolo, o un topolino, che trova un bel frammento di vetro, i una biglia colorata, e non smette più di guardarla …

Mia madre, per mio padre, era un dono dal cielo. O così mi sembrava, per lo meno. Una cosa preziosa che gli era stata affidata. Con un’avvertenza però : devi limitarti ad aver cura di lei, capito? Devi stare con lei solo in apparenza, non per davvero!

No, sei davvero in gamba, fratello. Alla fine della serata riceverai il premio Al Qaeda per l’intelligenza emotiva.

Io ero il cocco di mamma ma il soldato di papà.

Sentite un po’ questa: un tale va al cimitero nell’anniversario della morte della nonna. Poco distante da lui c’è un uomo che piange, si dispera. Perché? grida davanti a una tomba, perché dovevi morire? Perché sei scomparso così? La mia vita non vale niente da quando te ne sei andato. Maledetta morte! Dopo qualche minuto il tale in visita alla nonna non riesce più a trattenersi e si avvicina all’uomo: Mi scusi, signore, dice, lei mi ha molto commosso. Non ho mai visto un dolore tanto profondo. Posso chiederle chi le è morto? Suo figlio? Suo fratello? No, dice l’uomo, il primo marito di mia moglie.

Aspettate, ne ho ancora! grida lui. Abbastanza per tirare mezzanotte! Gira velocemente lo sguardo sulla sala, rallegrato, e riprende a raccontare: Un tizio telefona a un suo ex compagno del liceo che non vede da trent’anni. Ho due biglietti per la finale di coppa di domani, gli dice, ti va di venire con me? L’altro è molto stupito. Un biglietto per la finale è pur sempre un biglietto per la finale, così accetta l’invito. I posti sono fantastici, l’atmosfera è eccezionale, i due si divertono da matti, gridano, imprecano, fanno la ola. La partita è straordinaria. Nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo l’ex compagno di scuola dice al tizio che l’ha invitato: Senti un po’, questo te lo devo proprio chiedere. Non avresti preferito venire alla partita, che ne so, con tua moglie? Mia moglie è morta, risponde il tizio. Ah, mi dispiace, esclama l’ex compagno di liceo, e non avevi qualcuno di più vicino a te? Un parente, un amico, un collega di lavoro …? Ho provato a chiedere a tutti, credimi, spiega il tizio, ma hanno preferito andare al funerale di mia moglie.

A un tratto vedo un vecchio di forse ottant’anni, tutto raggrinzito, che piange seduto su una panchina. E come si fa a non avvicinarsi a un vecchio che piange? Oltretutto non è da escludere che, se gli gira, possa anche cambiare il testamento. Mi avvicino con prudenza e gli domando: Perché piange, signore? E come faccio a non piangere, risponde lui. Un mese fa ho incontrato una ragazza di trent’anni, bellissima, sexy. Ci siamo innamorati e siamo andati a vivere assieme. Alla grande, dico io, e allora che c’è che non va? Niente, continua il vecchio. Anzi. Da allora ogni mattina comincio la giornata con due ore di sesso sfrenato, poi lei mi prepara un succo di melagrana, ricco di antiossidanti, io lo bevo e vado dal medico. Quando torno facciamo ancora sesso e lei mi prepara un pasticcio di spinaci. Sa, per il ferro. Dopo pranzo vado a giocare a carte con i miei amici e al ritorno io e la mia compagna facciamo sesso fino a tarda notte. E così, giorno dopo giorno … Ma è fantastico, gli dico io, e allora perché piange? Il vecchio ci pensa un attimo e dice: Perché non ricordo dove sto di casa.

La sapete quella della donna affetta da una malattia terminale di cui non faremo il nome per non farle pubblicità occulta? Dova’le tende le mani in un grande abbraccio, sprizzando gaiezza da tutti i pori. Insomma, la signora dice al marito: Ho sognato che se faremo sesso anale guarirò. Non la sapete? Ma dove vivete, amici di Netanya? Sentite, allora. Questa faccenda del sesso anale sembra un po’ strana. Cosa non farebbe però per far guarire la moglie! La sera i due vanno a letto e fanno sesso anale , tic tac, e si addormentano. Al mattino il marito si sveglia, allunga la mano sul lato della moglie e si accorge che lei non c’è. Salta in piedi, pronto al peggio, e invece la trova in cucina che canta, prepara un’insalata e gli sorride. Ha un ottimo aspetto. Senti un po’ cos’è successo, gli dice lei, questa notte ho dormito benissimo, stamattina mi sono svegliata presto e in gran forma. Sono andata all’ospedale, ho fatto esami, radiografie, e mi hanno detto che sono guarita! Che mi è successo un miracolo! Il marito scoppia in un pianto disperato. Perché piangi, gli domanda lei, non sei contento che sono guarita? Certo che lo sono, dice lui tra le lacrime, ma se penso che avrei potuto salvare anche la mamma …

Che il cielo ti consoli. Che l’Onnipotente possa darti conforto tra i dolenti di Sion e di Gerusalemme”.

Lasciategli raccontare la sua storia! mi sento gridare. La gente ammutolisce, mi guarda con un misto di sconcerto e di timore, e io capisco di aver urlato più forte di quanto volessi. Molto più forte, probabilmente. Rimango lì, impalato, come l’attore di un dramma in attesa che qualcuno gli suggerisca la battuta successiva.

E per un momento mi sento colmare di una sensazione dimenticata: la sensazione di essere.

E visto che siamo in tema, la sapete quella della signora che vuole vedere il marito prima che lo seppelliscano? L’addetto delle pompe funebri la accontenta e la signora nota che il defunto indossa un completo nero. Non è una barzelletta nostra, chiosa Dova’le alzando un dito, è cristiana. La donna scoppia a piangere e dice: Oh, il mio James avrebbe tanto voluto essere seppellito con un abito blu! Di solito seppelliamo i morti con un completo nero, le spiega l’addetto, ma vedremo cosa possiamo fare per suo marito. Il giorno dopo la signora torna alla camera ardente e trova James con uno splendido abito blu. Ringrazia mille volte l’addetto e gli domanda dove abbia trovato l’abito. Ieri, dieci minuti dopo che lei se ne è andata, risponde l’uomo, è arrivato un altro morto più o meno della corporatura di su marito con un completo blu. La moglie ha detto che il suo sogno era di essere seppellito con uno nero! La vedova di James ringrazia ancora l’addetto, commossa, e gli da una grossa mancia. Tutto quello che mi è rimasto da fare, conclude allora lui, è stato scambiare le teste.

Perché tagliamo gli alberi senza prima fargli l’anestesia? L’autista di un carro funebre può attaccare al paraurti un adesivo con la scritta “ In viaggio verso un nuovo cliente soddisfatto?” … Potrò scrivere sui manifesti funebri “ Dova’le e la vita non stanno più insieme?”

Sii gentile con lui” mi dice ancora mia madre all’orecchio, “ ricordati che ognuno vive solo per poco e dobbiamo rendergli piacevole il breve tempo che ha a disposizione.”

Okay” dice lui. Poi comincia a muovere le labbra e capisco che il suo cervello si è messo a girare: “Un koala si arrampica su un albero, arriva a un ramo, si mette ritto sulle zampe posteriori, spalanca quelle anteriori e si lancia nel vuoto. Bum! Si schianta a terra. Si alza, si arrampica ancora sul ramo, si mette ritto sulle zampe posteriori, spalanca quelle anteriori, si lancia nel vuoto e si schianta a terra! Così per un’ora o due. Sull’albero di fronte una coppia di uccelli, maschio e femmina, lo guarda e uno dice all’altra: Basta, dobbiamo farlo smettere. Glielo diciamo che è adottato?”

Perché, come dice il proverbio, chi risparmia la verga, odia il proprio figlio.

Una lumaca va in un posto di polizia e dice all’agente di turno di essere stata aggredita da due tartarughe. L’agente le chiede di raccontare con precisione l’accaduto, così da poterlo mettere a verbale. Ma la lumaca dice: Non mi ricordo niente. E’ successo tutto così in fretta.

Appoggio la testa indietro e chiudo gli occhi. Mi sento un po’ sollevato perché all’improvviso ho ancora tempo a disposizione. Fino quando qualcuno, a Beer Sheva, non mi informerà di come stanno le cose posso far finta che non sia successo niente, che tutto è rimasto com’era e ora sto andando a Beer Sheva su una camionetta militare con un autista che mi racconta barzellette per puro caso. Perché mi gira così. Perché proprio oggi c’è una gara di barzellette che muoio dalla voglia di vedere.

Si, si, ridete pure, io invece piango. Ci sono donne che non riescono a rimanere incinte e c’è invece chi, come me, non riesce a rimanere sposato.

Può essere un uomo completamente solo in una foresta, senza nessun essere vivente intorno, essere comunque colpevole?

Soltanto ora mi rendo conto di quante cose ricordi. Persino troppe. Per esempio , dopo aver finito di fare pipì faccio come mi ha detto babbino. Scrollo una volta, due, e mi viene da pensare che, quatto quatto, senza troppe storie, mio padre mi ha insegnato a fare un sacco di cose. A riparare una tapparella, per esempio, a trapanare un muro, a pulire una stufetta, a sturare i tubi di scarico, a preparare i fili per i fusibili. E pensa anche che a volte morirebbe dalla voglia di chiacchierare con me di qualche argomento che non sia calcio, che a lui non interessa. Di cose tra padre e figlio, per esempio. Dei suoi ricordi d’infanzia, o dei suoi pensieri. O magari vorrebbe solo abbracciarmi. Però non sa come, o forse si vergogna, o sente di avermi lasciato troppo tempo con la mamma e ora gli è difficile cambiare.

A un tratto, per esempio, mi è venuto da pensare all’uovo alla coque. Non guardatemi così. Quand’ero piccolo odiavo le uova alla coque. La parte liquida mi ripugnava. E papà e mamma si arrabbiavano con me, mi dicevano che dovevo mangiarlo, che conteneva tutte le vitamine. E volavano urla, schiaffi. Quando si trattava di cibo, anche la mamma era bravissima a suonarmele. E alla fine, visto che niente serviva, dicevano che se non lo avessi mangiato se ne sarebbero andati e non sarebbero più tornati. Io mi impuntavo e loro si mettevano il cappotto, prendevano le chiavi e mi salutavano. E io, malgrado avessi paura di rimanere solo, ero irremovibile. Non so dove trovassi il coraggio di mostrarmi così ostinato, di discutere con loro, di guadagnare tempo. Volevo solo che tutto rimanesse sempre così, con loro due vicini, che mi dicevano la stessa cosa…

Sono uscito e nessuno ha osato fermarmi. Papà mi rincorreva, urlava, piangeva, fino a che si è arrestato sulla porta della sala. Anch’io mi sono fermato e siamo rimasti a guardarci, lui così e io cosà. E a quel punto ho compreso che mio padre non valeva niente senza di lei, che tutta la sua forza scaturiva da lei. In un attimo era diventato l’ombra di sé stesso.

La gente osservava me e lui. Io non so cosa mi abbia detto papà, che maledizione mi abbia lanciato. Forse era tutto nella mia testa. A giudicare dalla sua faccia, però, era una di quelle grosse. Allora non sapevo ancora che mi avrebbe perseguitato per tutta la vita, ma è stato così, ovunque andassi, ovunque fuggissi. Guardate un po’, chiosa Dova’le, per la prima volta mi viene da pensare che forse invece non ho capito niente. Che papà sarebbe stato davvero disposto a stare su quella barella al posto della mamma. Lui non faceva calcoli con lei. L’amava davvero.

Improvvisamente Tamara è qui, vicino a me. La sua presenza è talmente forte da farmi mancare il respiro mi tendo verso di lei. Sento che mi sussurra all’orecchio una frase del nostro amato Fernando Pessoa : “ Basta esistere per essere perfetti”.

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