Animali al parco nazionale d’Abruzzo, ( e Lazio e Molise)

Mi trasformo in Furio, certe volte, ma è più forte di me.

Per la settimana post Ferragosto, si è deciso, causa previsioni del Meteo pessime su Nord Italia e Croazia, di andare in Abruzzo. Il Parco è bello, sebbene questo sia il periodo meno indicato per visitarlo. Ovviamente, se parlo di Furio, ho avuto i miei scazzi, ma non è questione di essere un precisetti ma solo un pochino civili. Vado a spiegare.

Ci sono stati due eventi, nella medesima giornata, che mi han fatto comprendere quanto noi italiani siamo terribili. Trekking, alla volta della grotta delle fate e del passo dell’orso. Per raggiungere la grotta ci vogliono meno di due ore. Ovviamente il tempo è piuttosto relativo, a seconda dell’esperienza e della condizione fisica. In ogni caso è per far capire che è una passeggiata piuttosto lunga, ma non impegnativa. Dislivello c’è , ma senza strappi netti. Giunto alla grotta, sono sceso per visitarla. Dal sentiero, seguendo i gradoni creati dalle radici degli alberi, si scende per una ventina di metri. La grotta è proprio una grotta, la cui apertura pare una bocca e il cui soffitto mi arrivava al petto. Si deve essere ben bassi, per starci comodi dentro. Lì vicino c’è un rivolo d’acqua. Risalendo in fretta, mi sono fermato sul sentiero e mi sono messo ad osservare intorno. Tanto verde, tante piante. Silenzio poco, per la presenza di altre persone. Son passato a guardare il terreno. Ho scorto un mozzicone, poi un altro, poi un altro ancora. Estratto un fazzoletto, ho preso a raccoglierli, ( per poi gettarli una volta tornati al punto di partenza). Incredibile. Arrivare in mezzo ad un bosco, sedersi, fumarsi una sigaretta e lasciarla sul terreno. Ma il meglio deve arrivare e non è il cane di cui mi accingo a parlare. Mentre saliamo raggiungiamo lentamente un gruppo di persone, dal forte accento romano, ( chissà perché i romani spingono tanto sul loro accento, quasi fossero i depositari del conoscere terreno). Comunque questo gruppetto pare composto da due famiglie. Li affianchiamo e superiamo senza difficoltà; il terreno è ancora piuttosto agibile, il sentiero ben delineato e ampio, noi siamo vestiti in maniera adatta, ( alcuni vengono a fare trekking in ciabatte e infradito, oppure con scarpe col tacchetto, comunque con calzature da spiaggia o passeggio, non certo adatte ad un sentiero montano). I romani non sono da meno. Scarpe da running e sneakers fasciano i loro piedi. Lo so, sarà una deformazione, perché ho visto morire una ragazza che aveva affrontato un sentiero in ciabatte ed è scivolata di sotto, ( non la conoscevo, ma mi ci sono trovato), da allora appena posso guardo le calzature degli altri. Non si corrono i cento metri in tacchi, allo stesso modo bisognerebbe affrontare la montagna in maniera più seria. Ma non è questo il punto su cui verte il mio racconto, queste digressioni mi prendono, e ti prendono un sacco di tempo. Era per dire che avevo capito, vedendoli, che non erano persone preparate. Non che io lo sia particolarmente. Quanto meno però arrivo un pochino più preparato. In ogni caso, superati ‘sti tizi, ci troviamo dinanzi, ad una cinquantina di metri, un ragazzetto di 15/16 anni, poggiato su una roccia, ed un cane, nero, libero sul sentiero. Nei parchi è vietato l’ingresso di cani e animali da compagnia. Questo avviene per svariati motivi. Ho letto che, se lo porti al guinzaglio, alcuni, al Parco, chiudono un occhio. Però è proprio vietato entrare in un parco con un cane lasciato libero; i motivi, come detto, sono tanti e la maggior parte intuibili. Raggiunto il ragazzetto ed il suo compagno peloso, salutiamo, e lui risponde a mezza bocca. Il cagnetto pare molto più allegro di vederci e ci fa un po’ di feste. A me i cani piacciono, sono sempre piaciuti tantissimo, per cui non dico nulla. Oltretutto siamo già un pezzo avanti, nel percorso per la grotta delle Fate. Dai richiami che arrivano da dietro, capiamo che il ragazzetto fa parte della comitiva romana. Lui, staccatosi dai compagni, avanza per un po’ poi si ferma ed attende. Noi proseguiamo. Dopo pochi minuti veniamo superati dalla palla di pelo. Ci eravamo fermati per scattare delle foto e dissetarci. Ci raggiunge pure il padrone del cane, che bofonchia qualcosa e continua sui suoi passi. A me, ho deciso dal principio, questo bamboccio sta sul cazzo. Non ci posso fare niente, è questione di pelle. Ripartiti, in breve lo raggiungiamo e superiamo. Lui si ferma e richiama il cane, che ad un fischio ed un paio di battiti di mani, ci sfila accanto sempre correndo. La grotta oramai è vicina e la raggiungiamo. Dei romani, anche mentre sono impegnato a raccogliere i mozziconi, non vi è traccia. Solo quando ripartiamo alla volta del passo dell’orso, li scorgiamo arrivare. Come tutti i buzzurri incontrati, arrivano di poco preceduti dalle loro parole. Il silenzio rotto dal continuo vociare, ( ma presto, salendo ancora, avrà la meglio su tutto). Una decina di minuti, neppure, sono sufficienti per essere circondati dal silenzio. Questa salita non è né particolarmente dura, né lunga, eppure ha prodotto la scrematura. Salendo, per un’ora non incontreremo nessun essere umano. Il cane si. Memore dell’elastico fin lì fatto col suo padroncino, ci raggiunge all’inizio della nuova salita, ci sfila di fianco e sparisce tra gli alberi. Va su come una freccia, felice. Da dietro non giungono fischi né brevi applausi. Sempre silenzio. La salita è stancante ed io mi dimentico presto di quella palla di peli neri. Quando siamo in prossimità della meta, ed il silenzio è stato sempre continuo, interrotto al massimo dal fruscio del vento tra i rami, ecco giungere il cane. Io lo vedo arrivare e non mi spaventa. Ci raggiunge, venendo dall’alto e ci gira attorno, studiandoci. Io lo saluto, allegro. Me ne ero completamente scordato. Sento provenire dall’alto delle voci, dall’accento romano. Possibile che il gruppetto ci abbia preceduti, salendo da un’altra parte? Non c’è via, se non la nostra, eppure parrebbe essere. Invece scopriamo che appartengono a due fidanzati della capitale. Vedendoci, ci chiedono se il cane è nostro. Vengono dal passo dell’orso e il cane , giunto sul posto e trovandoli seduti a riposare, ha iniziato a stare con loro e seguirli. Povera bestia, si è persa. Così mi fermo qualche minuto a spiegare cos’è accaduto e a descrivere, minuziosamente, i proprietari dementi. Una volta ripreso il cammino la bestiola, volendo scendere, decide di seguire i ragazzi. Così, in un battito d’occhi, lo vedo scomparire dietro le rocce. Chissà che fine ha fatto? Una volta tornati alla base, non ho chiesto. Guardandomi attorno non ho scorto quel batuffolo di pelo nero. Ovviamente avrei litigato coi proprietari, quindi è stato meglio così. Magari il cagnolino è tornato a Roma ma con una nuova famiglia. La gente è cretina. Ma non è finita qui. Magari ! Scendendo, scorgo alla mia sinistra una confezione di Buscofen. Lo faccio notare e mi si risponde che nessuno getterebbe a terra il cartonato così; deve essere scivolato da qualche tasca. Resto della mia idea: qualche cretina sta facendo pulizia nella sua borsetta. Però non ne ho certezza, sebbene la confezione sia vuota. Continuiamo a scendere. Dopo neppure cento metri, alla mia destra, sul prato, scorgo un bugiardino. Ovviamente l’ho raccolto, per vedere chi avesse ragione. Era del Buscofen. E’ stata una triste vittoria. Mi sono fotografato mentre , diligentemente, buttavo via tutta l’immondizia raccolta. L’assurdo è che, stavolta, per i secchi dell’immondizia mancavano poche centinaia di metri. La signora, chiamiamola così, aveva fretta di fare ordine nella borsetta. La zoccola. Quindi, una immersione nella natura mi ha fatto tornare al parcheggio con un po’ di tristezza. Tante cose belle, alberi, fiumi, sentieri, cavalli, un’infinità di equini, ma pure tanta ignoranza.

Qua inizierebbe il pezzo sugli scontrini, che nei ristoranti sono rari quanto le linci … magari aggiungerò. Ma la Finanza si ingrassa, viene corrotta dagli esercenti o non è proprio capace di controllare? Parlano di evasione ogni giorno, alla televisione, eppure io, girando da turista, di scontrini e fatture ne vedo ben pochi. Rarità.

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